La Prof.ssa Loredana Giani, ordinaria di diritto amministrativo nell’Università dell’Aquila, ha tenuto una relazione sui rapporti tra la nozione dei “commons” propria del gergo tecnico della moderna economia politica (Hardin, Ostrom), la disciplina degli usi civici dell’ordinamento italiano e il largo favore per la dizione di “beni comuni”, così largamente presente nel discorso giuridico attuale.
La relazione ha ben evidenziato la non coincidenza di queste tre definizioni. La terminologia economica individua infatti realtà di utilizzo comune di risorse naturali scarse, che potrebbero estinguersi radicalmente se lasciate all’uso aperto e indiscriminato di chiunque. Altra cosa è desumere da questo stato di cose una disciplina, un ordinamento giuridico, quale dovrebbe essere quello dei “beni comuni”. Un’operazione resa difficoltosa dall’unico criterio strutturale sul quale sembra costruita la categoria: la naturale capacità di un bene a essere utilizzato da tutti, su cui in genere si fonda l’idea disciplinare per cui non siano leciti atti di appropriazione da parte dei singoli, nello schema delle enclosures inglesi.
Ancora diversa la realtà degli usi civici, che non sono commons nel senso economico del termine, né beni comuni nel senso in cui questa nozione viene usualmente adoperata.