La relazione del Prof. Rescigno si centra sul processo di continua ridefinizione della nozione di formazione sociale come soggetto di diritti e oggetto di tutela costituzionale. L’opera di distruzione delle comunità intermedie fatta dal legislatore ottocentesco si arresta nei sistemi costituzionali attuali, ma ciò non significa che quell’opera non sia stata efficace. Da qui la necessità di individuare nuovamente le comunità intermedie, e da qui la lotta per l’affermazione di nuove idee e nuovi modelli di comunità. La famiglia, come primo esempio: formazione sociale dai contorni certi per il Costituente, oggi al centro di tensioni un tempo insospettate. Il sindacato, come secondo esempio: come distinguere tra i tanti sindacati quelli effettivamente legittimati a rappresentare la comunità dei lavoratori?
Le comunità titolari di diritti collettivi sono ancora più difficilmente definibili come formazioni sociali. Ciò che non si riesce a percepire in questa definizione è il vincolo con quell’insieme determinato di beni che costituiscono l’oggetto dei diritti di promiscuo godimento. Da qui la necessità di rifarsi a altri concetti del diritto civile: quello di azienda, ad esempio, come complesso di beni orientati a un determinato scopo, o quello di destinazione, e quello collegato di separazione del patrimonio in funzione di specifici fini.
Il ricorso alla categoria della “formazione sociale” non può quindi bastare a definire gli “usi civici” e la loro tutela costituzionale: da qui la sfida per il giurista di oggi.