Un’associazione sportiva partecipa alla gara per la concessione del servizio di gestione di una piscina comunale, ma arriva seconda, pur avendo presentato un’offerta economica maggiore dell’aggiudicataria, poiché non le viene attribuito il punteggio supplementare per la gestione di impianti natatori nel triennio precedente alla gara, conferito al contrario all’unica altra concorrente, che pure aveva presentato un’offerta notevolmente più bassa. L’associazione sconfitta presenta quindi ricorso al Tar, affidandolo a numerosi motivi. Risulta vincente quello per cui la stazione appaltante avrebbe dovuto escludere la vincitrice perché anche lei non possedeva tale requisito: essa non poteva sostenere di avere gestito la piscina di cui pure si dichiarava proprietaria, per essere questa di proprietà del demanio. Di fronte a questo argomento, il Tar disponeva un’apposita fase istruttoria, ordinando la produzione di documenti all’Agenzia del Demanio e all’Autorità portuale di Napoli, nonché al Comune e alla stessa controinteressata. Da questi documenti il Tar evince la proprietà pubblica della piscina. La documentazione prodotta dal Demanio prova infatti che la piscina fu costruita nel 1970 su area di demanio marittimo oggetto di richiesta di concessione. Il titolo attuale di possesso della piscina da parte della società sportiva è poi dato da una concessione dell’Autorità portuale di Napoli avente durata originaria fino al 31 dicembre 2009 e poi prorogata ex lege (art. 1, comma 18, del D.L. 30 dicembre 2009, n. 194, convertito con L. n. 25 del 2010) fino al 31 dicembre 2015. A giudizio del Tar deriva che, in applicazione della consolidata interpretazione giurisprudenziale sull’art. 49 del Codice della Navigazione, la piscina deve intendersi essere stata avocata ipso iure al demanio alla scadenza della prima concessione, e poi fatta oggetto di nuova concessione, sia pure alla società che la costruì e che l’ha sempre gestita. Il tutto confermato da un verbale di ricognizione del 1985 delle aree demaniali occupate dalla detta società sportiva, che attribuiva alla proprietà pubblica la piscina in quanto tale. Ad altra soluzione si sarebbe arrivati se la concessione fosse stata continuamente rinnovata alla scadenza senza soluzioni di continuità: in quel caso le infrastrutture sarebbero sempre rimaste di proprietà della società che le aveva realizzate.
T.A.R. Campania Napoli Sez. III, Sentenza 8 maggio 2015, n. 2568