Il P.i.t. – Piano di intervento territoriale, con valenza di Piano paesistico per la Regione Toscana è stato approvato dal Consiglio regionale a due giorni dal periodo di latenza legislativa precedente al suo rinnovo. Il Piano non è una legge, ma un provvedimento amministrativo che la L.R. 1/2005 rimette all’approvazione del Consiglio, dopo un complesso iter amministrativo aperto alle osservazioni della popolazione. Abbiamo già evidenziato come il c.d. maxi-emendamento con cui il P.i.t. è stato portato in aula frustri totalmente le istanze di “democrazia partecipativa” di cui la L.R. 1/2005 fa mostra per ogni dove. Esso, del resto, fa strame anche della normale democrazia rappresentativa, e bene ha fatto chi ha evidenziato come il procedimento adottato sia contrario allo stesso regolamento del Consiglio, che appunto vieta la presentazione di maxi-emendamenti, i quali hanno il solo scopo di blindare la discussione sui provvedimenti, costringendo i consiglieri a leggere in corsa documenti di migliaia di pagine, a loro palesati solo pochi giorni o poche ore prima della discussione.
A essere contraria a ogni vera idea di democrazia è, più in radice, contrapporre la presunta purezza della valutazione tecnico-scientifica all’attitudine al compromesso della politica. Questa immagine, sempre propalata dall’assessore Marson, è l’esatto contrario della democrazia, e al pari di qualsiasi altra visione dittatoriale, produce mostri. La fragilità delle dittature è la propria strutturale ignoranza; i dittatori non ascoltano gli argomenti altrui, ma seguono pervicacemente solo ciò che aumenta il loro potere.
Il P.i.t. non fa eccezione. Se chi lo difende a spada tratta sui giornali lo avesse letto con attenzione, e sopratutto con onestà, vi avrebbe trovato uno strumento inutilmente verboso e totalmente generico, gravemente lesivo dei diritti dei cittadini. Come strumento di pianificazione, il P.i.t. vincola i proprietari all’esercizio del loro diritto sui beni per cui pagano tasse e della cui custodia sono onerati: può farlo, ma a patto che questi vincoli siano certi e delimitati. Il che non è.
Una stratificazione inutile tra norme della disciplina di piano, abachi delle invarianti e piante territoriali non aggiornate porta all’assoluta indeterminatezza dei vincoli, che potranno essere tirati da una parte come dall’altra dalla singola amministrazione quando, in apparente conformità al P.i.t., dovrà emettere i propri provvedimenti amministrativi sull’edificabilità dei suoli o l’esercizio di attività economiche. Il P.i.t. sarà il mantra cui riportare decisioni totalmente arbitrarie e dettate da altri interessi: questo è quanto l’unica competenza che la Giunta regionale non ha voluto consultare, quella degli esperti di diritto amministrativo, può dare oggi per certo.
Di esempi specifici il P.i.t. è pieno, e non mancheremo di parlarne quando sarà pubblicato.
Per ora, basti evidenziare un dato.
In queste ore, il governatore Rossi parla del P.i.t. sui mezzi di comunicazione di massa citando gli arenili, di cui si dice che il P.i.t. impedirà di costruirvi delle piscine.
Il governatore evidentemente non ricorda – o non sa e nessuno tra le centinaia di tecnici coinvolti nel P.i.t. gli ha ancora spiegato – che gli arenili sono demanio, che le piscine non vi si possono costruire già oggi e che se qualcuno le costruisse sarebbe compito della Giunta regionale farle rimuovere, così come che è facoltà della Regione, anche dopo aver approvato il P.i.t., di concedere l’area per questo scopo.
Esiste veramente democrazia quando chi ha proposto e fatto approvare uno strumento amministrativo impedendo un serio dibattito non ne conosce i limiti e gli effetti? A evitare ulteriori perle, chiariamo che si tratta di domanda retorica.