Sarà verosimilmente approvato oggi dal Consiglio regionale della Toscana il Piano di intervento Territoriale con valenza di Piano Paesaggistico. Non una legge – è bene chiarire- ma un atto amministrativo complesso, preso ai sensi della L.R. 3 gennaio 2005, n.1 (Norme per il governo del territorio).La legge regionale prevede un percorso di democrazia partecipativa per giungere all’adozione del Piano, che deve contenere tutti i vincoli e le prescrizioni per l’uso del territorio e la salvaguardia dei valori paesistici. Nello specifico, il Piano, una volta adottato dalla Giunta regionale, è stato esposto alle osservazioni degli interessati. La seconda versione del Piano, redatta dopo le osservazioni, e contenente una sintetica risposta alle stesse, avrebbe dovuto essere portata in Consiglio ormai mesi fa, ma non lo fu dopo un aperto contrasto tra il Governatore uscente (e ricandidato) Enrico Rossi e l’Assessore all’Ambiente, la professoressa Anna Marson, urbanista. Gli oggetti del contendere sono sopratutto le aree estrattive delle Apuane, e la disciplina degli arenili.
Da quel momento in poi, il Piano ha conosciuto almeno tre riscritture, l’ultima delle quali, recentissima, frutto di una sorta di concertazione col Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo (MIBAC), non prevista da alcuna legge e non ricavabile in via di prassi dal fatto che il Governo può impugnare dinanzi alla Corte Costituzionale gli atti delle regioni che inficino la propria competenza. L’autonomia implica responsabilità, e quella regionale non fa eccezione: la Regione Toscana avrebbe dovuto prendere le sue decisioni e difenderle nelle sedi opportune dinanzi a – eventuali- impugnative del Governo.
Fatto sta che, a onta del dettato della L.R. 1/2005, il Piano che sarà approvato oggi non è il risultato della “democrazia partecipata”, ma una bozza che, allo stato, non è pubblicata da nessuna parte e che neanche i consiglieri conoscono. Si rinuncia alla democrazia partecipata, e anche a quella più tradizionalmente rappresentativa.
Il che ci porta a una domanda di fondo: qual’è il limite di gestione politica della proprietà, a qualunque specie essa appartenga? Qual’è il limite entro il quale la politica può fare le sue scelte, e oltre il quale i diritti del cittadino proprietario vengono lesi?
L’ultima bozza nota del P.I.T. oltrepassava chiaramente molti di questi limiti, portando il territorio toscano sotto un pesante regime amministrativo, esposto a un’intollerabile discrezionalità della burocrazia regionale. Il P.I.T. che abbiamo visto è uno strumento generico, pieno di prescrizioni astratte che, come tali, affidano agli uffici che dovranno applicarlo in concreto una discrezionalità sconfinata, ai limiti e oltre i limiti del puro arbitrio.
Non è difesa dell’ambiente e del paesaggio, ma subordinazione del territorio e delle attività economiche a una cappa burocratica ancora peggiore dell’attuale, vera espropriazione senza indennizzo in favore di una mano pubblica sempre più pervasiva, e con sempre minore visione del futuro.