Il Consiglio di Stato esclude possano essere sanate dal Comune le opere in difformità realizzate su concessione demaniale. La specialità della disciplina del bene demaniale importa che con la sua concessione il privato acquisti dei diritti sul bene pubblico, e pertanto ogni modifica delle opere realizzate in concessione richiede la previa modifica del titolo concessorio e non possono essere oggetto di sanatoria successiva, a prescindere dalla gravità delle difformità.
Si parla di una concessione cimiteriale. Il privato aveva chiesto e ottenuto un’area cimiteriale per la realizzazione di una cappella gentilizia, depositando un progetto. Le opere furono realizzate in difformità senza modificare la volumetria complessiva e quindi senza occupare terreno demaniale in più rispetto a quello concesso (si sdoppiava la cappella in due corpi e si disponevano diversamente i loculi).
Il Comune ordinava la demolizione e la rimessa in pristino, il privato ricorse al T.A.R. Campania affermando l’illegittimità del diniego di concessione edilizia sanatoria. Il T.A.R. accolse il ricorso sulla base della modestia delle difformità che, per legislazione urbanistica, erano sicuramente sanabili. Al rilievo del Comune circa il collegamento della concessione edilizia a quella di uso dell’area demaniale il T.A.R. rispondeva che l’immobile non avrebbe potuto essere usato per scopi diversi da quelli della concessione e, in questo caso, il Comune avrebbe avuto ogni possibilità di sanzione, senza dovere per questo revocare la concessione demaniale e ordinare la rimessa in pristino.
Il Consiglio di Stato esplicitamente contrasta questo orientamento, propendendo per una concezione tassativa di concessione demaniale, non limitata alla concessione del bene, quanto alla stretta predeterminazione delle opere realizzabili.