Ho già pubblicato un post sul primo emendamento PD alla Legge di stabilità, con cui si sarebbero dismesse in proprietà privata molte spiagge.
Un aspetto di questo emendamento va però evidenziato con forza: l’ignoranza della terminologia tecnica del diritto demaniale e la superficialità nel suo utilizzo. L’emendamento avrebbe dato opzione per l’acquisto di aree comprese tra la “dividente demaniale” e la “linea di costa”. Così dicendo la norma sembrava riferirsi alla parte dell’arenile più lontana dalla battigia, in genere interessata dalle opere che ne avrebbero fatto perdere la caratteristica demaniale, per eccettuarne la parte prossima al mare, che il nuovo proprietario avrebbe avuto in concessione a condizioni di favore.
Il punto è che per “dividente demaniale” si intende (con una terminologia che non è stata sinora di legge, ma elaborata dalla prassi dall’art. 28 del Codice della navigazione) una cosa diversa da quella presupposta dall’emendamento: la linea di confine tra la spiaggia demaniale e la proprietà privata di terzi o pubblica di altre amministrazioni. In molte città la dividente demaniale è la linea che divide la spiaggia dalla strada comunale costruita per portare i bagnanti al mare. La “linea di costa” è invece la linea che separa il mare dalla terraferma. Essa non costituisce un termine certo, potendo essere mutata nel tempo da opere artificiali (moli portuali, banchine, etc.) o andare soggetta all’erosione del mare, come a naturali accrescimenti. Ciò che più importa, la “linea di costa” coincide con la battigia, e anzi va spesso oltre, inglobando aree recentemente erose dal mare.
Ne deriva che, contrariamente alle sue intenzioni, il primo emendamento PD avrebbe potenzialmente consentito l’alienazione di tutto l’arenile se l’occupante vi avesse costruito per tutta la sua estensione. L’abuso peggiore premiato con il premio migliore: un diritto di opzione all’acquisto di tutta l’estensione in larghezza della spiaggia, dalla strada al mare. Se si vuole trovare il diavolo, lo si cerchi nei dettagli.