I Cittadini del Friuli e della Venezia Giulia, Autorità pubbliche e Politici di ogni schieramento, Consiglieri regionali e Sindaci, il 31 gennaio, festeggeranno il 50° anniversario dello Statuto di autonomia della nostra Regione, approvato con Legge costituzionale nel 1963.
Noi custodi delle secolari autonomie civiche, tuttavia, a questa festa non potremo partecipare. Da 10 Legislature, infatti, in Consiglio regionale, prevalgono insensibilità e disinteresse per il Popolo dei Beni civici e l’articolo
4 dello Statuto di autonomia – che attribuisce alla Regione «potestà legislativa» in materia di «usi civici» – rimane tuttora inapplicato, per miopia politica e amministrativa.
Le Comunità della nostra Regione, dal Carso triestino e goriziano alla Laguna friulana, dalla Pianura friulana di qua e di là del Tagliamento alla Zona Collinare, dalla Montagna Pordenonese alla Carnia, fino alla Val Canale, attendono ancora, a distanza di 50 anni, il riconoscimento del loro ruolo, delle loro Proprietà collettive e della loro capacità di gestirle autonomamente.
Nella nostra Regione, i Beni civici aspettano ancora di essere riconosciuti come inestimabile «bene comune» di pubblico e generale interesse e i Comitati che li amministrano attendono ancora un pieno riconoscimento della loro soggettività e della loro operatività.
Fino ad oggi, infatti, il Legislatore regionale e gli Amministratori locali hanno impedito che i benefìci derivanti dal consistente Patrimonio collettivo ricadano sull’interà società regionale e statale, oltre che sulle popolazioni titolari.
In 44 Comuni delle Province di Gorizia, Pordenone e Udine, le Amministrazioni comunali continuano formalmente a gestire i Beni collettivi «in nome e per conto» delle Frazioni, anche se le Comunità potrebbero far da sé. Ma, in realtà, nella maggioranza dei casi, i Patrimoni collettivi risultano abbandonati al loro destino o utilizzati per funzioni incompatibili con la loro natura civica e con la loro valenza sociale e ambientale.
In altri 85 Comuni della Regione, gli accertamenti dei Beni civici sono ancora in corso, nonostante quanto previsto oltre 80 anni fa dalla legge statale 1766/1927 e nonostante l’alto costo degli uffici regionali che hanno questo incarico, sicché le Comunità non possono comunque amministrare direttamente le rispettive Proprietà collettive, sviluppandone appieno le funzioni e le potenzialità sociali, economiche e ambientali.
In alcuni Comuni della Provincia di Trieste, si continua a contrapporre l’anacronistico regime degli «Usi civici» ai diritti originari delle Comunioni familiari, siano esse “Jus” o “Srenje”.
Per queste ragioni, il Popolo dei Beni civici, il 31 gennaio, non festeggerà per uno Statuto disatteso e tradito e, in occasione delle prossime consultazioni elettorali, saprà giudicare chi rispetta e chi no i principi di «Sussidiarietà», «Autonomia e decentramento» e valorizzazione delle «Formazioni sociali» sanciti solennemente dalla Costituzione della Repubblica italiana.
Pesariis, 28 gennaio 2013